Articolo di Franco Corleone pubblicato su il Messaggero Veneto il 15 maggio 2020
Sabato pomeriggio nell’Assemblea per la ricostruzione della Carnia come comunità, capiremo se ci sono le condizioni per una rivoluzione gentile. Il Manifesto pubblicato dal Messaggero Veneto è stato visto ovviamente da moltissimi carnici, sul sito della Società della Ragione è stato letto da oltre 1700 persone, ha circolato su facebook. L’interesse c’è, testimoniato dalle adesioni e dai commenti, ma non basta; l’interrogativo è se esistono le energie per costruire iniziative e lotte non di pura testimonianza ma per raggiungere obiettivi puntuali.
Abbiamo discusso a lungo con Luigi Cortolezzis e Massimo Brianese sul senso di lanciare una proposta destinata alla Carnia. Molti hanno capito che partire dalla situazione più critica e però con una dimensione che può consentire una sperimentazione sociale, era un modo per parlare all’intero Friuli e alla Regione da ripensare e rifondare.
Sono importanti e discriminanti i dieci punti, e qualcuno ha proposto intelligenti integrazioni, ma fondamentale è la consapevolezza del momento unico che ci è toccato vivere, una pandemia che pesa e peserà a lungo nel ridisegnare la società, lo stare insieme, nel rimodellare l’economia e il lavoro, gli affetti e le istituzioni.
La scommessa è come far valere la soggettività in un momento in cui con decreti di dubbia legittimità costituzionale si decidono nel dettaglio, spesso ridicolo, gli aspetti della vita quotidiana.
Dobbiamo interrogarci su quanto possa resistere una democrazia senza incontri, dibattiti, confronti (purtroppo i comizi erano già scomparsi) senza cortei, senza celebrazioni del 25 Aprile, del 1° Maggio e della Repubblica. Per non cadere nella angoscia è urgente una ripresa in mano del proprio destino, di ogni uomo e donna, di giovani e vecchi per disegnare un futuro sostenibile.
Non sono certo che tutti abbiano la consapevolezza che niente sarà come prima e che sarebbe un guaio irreparabile voler tornare alla cosiddetta normalità. La pandemia costituisce uno spartiacque e la discussione su come e quando “riaprire” è assai deludente e povera. Riaprire cosa, come e perché: questo è il problema. Bere un tai a due metri di distanza sarà altra cosa, parlare con la mascherina senza vedere l’espressione del viso, nascondendo la tristezza o un sorriso mettono in gioco la socialità. Chi ha inventato la squallida parola “distanziamento sociale” non ha capito nulla.
La salute e la vita non possono essere in contrapposizione.
Sono convinto che è nel fuoco della crisi che bisogna immaginare il cambiamento ineludibile, con obiettivi condivisi e realizzabili. Il futuro si costruisce ora.
Dobbiamo evitare un clima di sfiducia o pensare con la testa all’indietro, alle occasioni perdute e ai progetti falliti. Se saremo d’accordo sull’analisi occorrerà individuare le priorità tra i dieci punti da perseguire ad ogni costo. I mezzi devono prefigurare i fini e se l’obiettivo è l’autogoverno, l’autonomia e la responsabilità, ognuno deve mettersi in gioco anche con strumenti originali, praticando disobbedienza e obbedienza secondo la lezione di Pasolini. Faccio un esempio solo: se i sindaci ritengono insostenibile amministrare i loro comuni senza segretario comunale, devono fare una marcia a piedi, in fila indiana, fino a Udine e consegnare le chiavi del municipio alla sede della Regione e al Prefetto.
La felicità non scende dal cielo. Sale dalla terra.
Assemblea per la rinascita della Carnia
sab 16 mag 2020 15:00 – 18:00 (CEST)
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