WOM – Women On Movement Progetto di self empowerment per donne detenute
Ente ideatore ed esecutore: La Società della Ragione Onlus Progetto realizzto con i fondi otto per mille della Chiesa Valdese
Contesto, finalità, azioni
Il progetto WOM – Women On Movement prende spunto dall’esperienza positiva del progetto di ricerca –azione denominato WIT- Women in Transition, sempre finanziato dall’otto per mille della Tavola Valdese, con cui nel 2018 in due carceri della Toscana sono stati sperimentati gruppi di self-empowerment (definiti “laboratori”) tra donne detenute, condotti da esperte della SdR. L’approccio di empowerment in carcere e l’esperienza dei “laboratori” di self empowerment con donne detenute sono documentati nel volume di S.Ronconi e G.Zuffa (2020) La prigione delle donne. Idee e pratiche per i diritti, Ediesse, Roma (pp.206) e online su https://www.societadellaragione.it/progetti/wit-women-in-transition/. L’attuale progetto WOM si propone di estendere l’esperienza dei laboratori di self empowerment fra donne detenute attraverso le seguenti azioni:
- Aprire un confronto nell’ambito del contesto carcerario ai vari livelli sulla tematica della differenza di genere, sull’approccio di empowerment in carcere, sull’esperienza dei “laboratori” di self empowerment con donne detenute.
- Attivare moduli di formazione rivolti a operatori e a operatrici (volontari e professionisti) del settore penitenziario per la conduzione dei gruppi di self empowerment con le donne detenute (“laboratori”) assicurando il contributo di expertise maturato dalla SdR.
- Promuovere nuove esperienze di laboratori di self empowerment, con la conduzione di operatori/ci ad hoc formati e con opportuna supervisione
Formazione e training alla conduzione di gruppi di self empowerment
L’azione formativa si compone di a) un primo modulo di informazione/formazione generale circa l’approccio di empowerment in carcere (rivolta in via preferenziale a tutto il contesto carcerario e non solo agli operatori/operatrici che condurranno i gruppi di self empowerment); b) moduli di training alla conduzione dei gruppi di self empowerment delle donne detenute (riservato agli operatori/operatrici interessati alla conduzione dei gruppi). Si prevede un seminario di formazione a livello nazionale, con il primo modulo di formazione/informazione generale aperto, mentre i moduli di training sono riservati a un numero limitato di operatori (circa 20-25, volontari e non) appositamente selezionati.
Attivazione dei laboratori
Il progetto prevede un numero minimo di laboratori di self empowerment (2) da attivarsi sulla base dell’interesse e disponibilità delle amministrazioni carcerarie e degli operatori/operatrici formate alla conduzione dei gruppi.
Caratteristiche del modello di empowerment in carcere
Il modello mira a:
- Promuovere l’autostima delle donne detenute
- Sviluppare i punti forza della loro esperienza e le loro competenze
- Facilitare la relazione fra detenute.
- Facilitare le relazioni con le varie figure professionali nella quotidianità del carcere.
- Elaborare strategie di prevenzione rispetto a momenti di crisi, che si presentano nella detenzione particolarmente nei momenti di ingresso in carcere.
Attraverso la formazione e il training alla conduzione dei gruppi, verranno offerti agli operatori e discussi strumenti per:
- Portare alla consapevolezza delle donne i fattori di stress e di sofferenza in modo da permetterne la elaborazione e sviluppare le capacità di coping delle detenute.
- Promuovere una ricognizione e un auto-riconoscimento da parte delle donne delle loro competenze, sia in campo cognitivo che emotivo/relazionale.
- Promuovere la rivisitazione e la rielaborazione delle relazioni familiari, in particolare le relazioni coi figli/figlie, area significativa e sensibile dell’esperienza femminile.
- Identificare insieme alle donne i momenti di crisi, per operare in modalità preventiva e proattiva.
Che cos’è un laboratorio di self-empowerement? L’approccio utilizzato si basa sulle metodologie autobiografiche, sviluppate in educazione degli adulti dal gruppo “Condizione adulta e processi formativi” dell’Università di Milano Bicocca. Si tratta di una pedagogia autoformativa basata sulla narrazione di sé, che attinge dall’esperienza di vita, rielaborata in forma narrativa e autoriflessiva, e condivisa in un contesto di gruppo. È un processo maieutico, in cui si dà ordine e si attribuisce senso a eventi, decisioni, sentimenti, momenti critici: un percorso di apprendimento legato al nesso centrale esperienza-conoscenza, che si dipana, grazie alla narrazione e alla scrittura, attraverso il ricordo, l’autoriflessione, l’attribuzione di significato, la interpretazione, l’immaginazione (momento prefigurativo). Il metodo autobiografico si propone dunque come “intelligenza narrativa” sulla propria esperienza di vita, che “tiene insieme” due diversi momenti: il dispositivo narrativo e autoriflessivo individuale (ricognizione autobiografica) che ripercorre e trae il senso della propria storia; e un secondo dispositivo “negoziale”, un lavoro di presa di parola e di ascolto, una interazione collettiva sui significati, in cui il gruppo che è in gioco nel percorso scopre, esalta, rilancia, compara senso e significati delle esperienze. Per approfondimenti metodologici e di risultato dell’esperienza dei laboratori di self empowerment (attivati in Toscana tramite il progetto pilota WIT nel 2018/9), cfr. il già citato volume La prigione delle donne, Ediesse, Roma e online https://www.societadellaragione.it/progetti/wit-women-in-transition/.
Responsabile del progetto: Grazia Zuffa, psicologa Esecuzione del progetto: Chiara Babetto, Leonardo Fiorentini, Serena Franchi, Liz O’Neil, Susanna Ronconi, Grazia Zuffa;