UDINE Troppi detenuti nelle carceri italiane sono finiti dietro le sbarre per reati connessi all’uso, alla detenzione o allo spaccio di sostanze stupefacenti. Si parla di circa il 40% delle persone condannate. Un’enormità. Figlia di una politica di guerra senza quartiere alla droga che pare non aver dato grandi frutti. A invocare un cambio di rotta è stato per primo il cartello di associazioni che comprende la “Società della Ragione” di cui l’ex sottosegretario alla Giustizia, Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti della Toscana, è autorevole esponente. A sentir lui, il fatto che sia il Fvg a chiedere un cambio di passo al Paese «è un segnale importante.
Parliamo infatti di una regione che è balzata all’attenzione nazionale per il caso del Rototom e che oggi per prima ha dato una spinta decisiva alla proposta in Parlamento. Speriamo lo facciano anche altri. Dico di più. È fondamentale che il segnale arrivi da una Regione come il Fvg, dalla politica, perché non possiamo assolutamente lasciare una questione come questa alla gestione dei tribunali o della Corte costituzionale».
La vicenda del Sunsplash ha giocato un ruolo?
«Ha fatto da detonatore. Da lì sono nati numerosi dibattiti. Fino alla proposta di modifica approdata sia alla Camera che al Senato a firma rispettivamente dell’onorevole Filippo Fossati e del senatore Sergio Lo Giudice. È necessario rivedere totalmente la politica in materia di droga. Il consumo personale dev’essere decriminalizzato. Abbiamo carceri con una percentuale di persone condannate per detenzione superiore al 30%, che arriva al 40% se facciamo una media con i tossicodipendenti, con pene dai 6 ai 20 anni».
Niente carcere dunque per chi detiene sostanze stupefacenti?
«Ci vuole un cambio di paradigma. Nell’attuale legge ci sono 17 fattispecie penali compresa la detenzione che è all’origine di arresti, processi e condanne. Con la proposta di modifica si chiede di punire la vendita e lo spaccio. La legge va ricostruita sulla base di una diversa concezione che non passa più dalla lotta alla droga, ma dalla lettura di un fenomeno sociale che riguarda i giovani».
Come la coltivazione domestica della cannabis…
«Anche questa dovrebbe essere depenalizzata. Abbiamo oggi una miriade di inutili processi e arresti per la coltivazione di qualche piantina. Poca cosa che però diventa motivo di grave criminalizzazione. Restano invece le pene previste per il traffico e lo spaccio, che però vanno abbassate visto che non di rado sono superiori a pene per rapina, violenza sessuale, reati ambientali gravissimi, il tutto in virtù di un’ideologia di guerra alla droga che ha fallito. L’Uruguay si appresta a legalizzare, il Canada anche, il Colorado lo ha già fatto».
Il Consiglio regionale ha quindi aperto automaticamente alla legalizzazione?
«Niente affatto. In Parlamento per altro c’è già una proposta di legge che ha iniziato il suo iter sulla legalizzazione della canapa, mentre quella di cui stiamo parlando è una riforma della legge generale sulle droghe, che sono cambiate, così come sono cambiati i consumi e va cambiata la politica. Lo hanno già fatto Svizzera e Germania, attraverso la riduzione del rischio, con misure che affrontano la questione pragmaticamente».
Tornando a noi, quali alternative al carcere?
«Un ruolo fondamentale lo devono giocare i Sert, che vanno attrezzati. Va poi detto che oggi i tossicodipendenti stanno in carcere perché le misure alternative non vengono attuate, per mancanza di risorse e perché la legge è contorta. Abbiamo cercato di semplificarla, di renderla applicabile e far sì che il tossicodipendente non entri in carcere, ma venga preso in carico da un servizio sanitario senza alcun passaggio detentivo».
Consiglio Fvg promosso?
«Oggi ha fatto una cosa importante. Ha mandato al Parlamento un messaggio inequivocabile: “Non fuggite, ma affrontate la questione”». (m.d.c.)
Da il Messaggero Veneto del 19 maggio 2016
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