MANIFESTO PER LA CARNIA DOPO LA PANDEMIA
RICOSTRUIRE UNA COMUNITA’
Franco Corleone e Luigi Cortolezzis
La diffusione del virus sconosciuto non ha salvato nessuno.
La Costituzione ha subito strappi insopportabili, la libertà personale inviolabile è stata limitata da strumenti giuridici impropri, il Parlamento è diventato realmente un’aula sorda e grigia.
Che fare? Molti che temono le conseguenze economiche e sociali del prolungarsi della chiusura delle attività commerciali e produttive invocano il ritorno alla normalità.
La tragedia che si sta ancora vivendo deve invece far pensare a come cambiare le cose sbagliate che hanno aggravato le conseguenze di una aggressione alla salute pubblica inimmaginabile e come ricucire le ferite sociali e morali inferte a tante persone che si sono viste impedire perfino la cerimonia di commiato dalle persone amate.
Dunque non semplicemente il ritorno alla impossibile normalità, come il ritorno all’età dell’oro, ma piuttosto una fase di impegno costituente.
Molte questioni riguardano l’Italia e l’Europa. Ma un contributo per una ragionevole rivoluzione di stili di vita, abitudini, comportamenti può e deve nascere dal basso.
La Carnia, questa storica regione delle Alpi, deve rialzare la testa e rivendicare l’autogoverno per il suo popolo, felicemente definito il popolo duro che resisteva alla miseria, all’emigrazione, alle tante servitù, preservando l’identità a cominciare dalla lingua e tutelando la memoria.
Nel secolo scorso la Carnia ha subito la esperienza di violenza della Prima Guerra mondiale, ha conosciuto nella seconda guerra mondiale la presenza dei nazisti e l’occupazione dei Cosacchi, ha vissuto il cataclisma del terremoto nel 1976, l’anno scorso la devastazione dei boschi con la tempesta Vaia. Ogni volta ha reagito con forza, dignità e impegno.
Il benessere conquistato negli ultimi decenni non ha dato certezza di un futuro condiviso.
Occorre anche dire subito che la Carnia era destinata alla scomparsa, a diventare nel giro di venti anni una pura espressione geografica, come indicano le proiezioni demografiche. La pandemia potrebbe rappresentare il colpo di grazia, con lo sterminio dei vecchi, l’accelerazione della fuga dei giovani, la crisi economica sociale irrimediabile e l’azzeramento del turismo.
Oppure, se nasce e si radica un movimento per la salvezza, questa potrebbe essere l’occasione per la rinascita e il risorgimento. O usando una parola impegnativa, per la resurrezione.
1) Eliminare il 730 per i residenti. E’ la misura risolutiva per far tornare i carnici che hanno abbandonato i loro paesi e richiamare nuove energie che diano impulso alle attività più innovative.
2) Garantire la fibra a più alta capacità per tutti. Questo favorirebbe anche il telelavoro e le modalità di riunioni on line, risparmiando risorse e annullando l’emarginazione.
3) Una politica dell’immigrazione intelligente per ripopolare i borghi disabitati e coprire le necessità dei lavori di tutela del paesaggio e di valorizzazione delle risorse naturali, dai boschi alle malghe. Una particolare cura e attenzione va riservata all’economia del legname.
4) Diritto alla salute. Occorre ripensare un modello di sanità legato al territorio. Garantire servizi alla persona in prossimità, costruendo case della salute come sede di distretto sanitario a cui facciano capo i medici di base all’interno del servizio sanitario dotati delle attrezzature necessarie per affrontare le emergenze prossime venture. Abbandonare il modello della aziendalizzazione per mettere al centro la persona e non i costi e i pretesi risparmi, tutelando le necessità della montagna. Occorre dare priorità alla ricerca scientifica pubblica aumentando l’accessibilità ai farmaci limitando i profitti dell’industria farmaceutica. La tragedia avvenuta nelle case di riposo deve fare ripensare il senso di queste istituzioni. Vanno istituite case di vita, con un sostegno attivo per garantire il massimo di integrazione; Paluzza colpita al cuore dalla morte di tanti ospiti deve sperimentare l’alternativa.
5) Carcere, Tribunale e giustizia. Il carcere di Tolmezzo non può essere un corpo estraneo alla città, gestito dall’Amministrazione Penitenziaria senza alcun controllo. Il Comune deve nominare subito un Garante dei diritti. La Carnia ha conosciuto le servitù militari al tempo della guerra fredda e non può accettare una nuova forma di limitazione. Occorre ridiscutere la soppressione del tribunale e prevedere almeno la istituzione di una sezione distaccata.
6) Agricoltura e animali. Il rilancio di una agricoltura di montagna, specialmente quella biologica incentivando le produzioni autoctone è una priorità: mele, miele, piccoli frutti, fagioli e molti altri prodotti devono avere un marchio di qualità. I formaggi devono diventare prodotti di eccellenza, in malga e in latteria. Per questo occorre incentivare fortemente lo sviluppo dell’allevamento e dell’alpeggio. Non ci può essere montagna viva senza incrementare il numero di vacche, capre, pecore e maiali con una rivisitazione delle esperienze delle stalle sociali e la pratica dell’adozione di un animale.
7) Cucina, artigianato e turismo. Gianni Cosetti trasformò una alimentazione semplice in una cucina raffinata e di prestigio. Bisogna sviluppare quella intuizione con una ricerca continua. Il turismo deve offrire opportunità legate a eventi culturali legati al mondo contemporaneo e non solo alla tradizione e non deve essere consumato ma vissuto. Finita l’illusione dei poli sciistici, soprattutto a causa del cambiamento climatico, vanno salvaguardate le realtà più consolidate; la Carnia vanta caratteristiche uniche per la valorizzazione di un turismo slow abbinato ad attività sportive compatibili, come il cicloturismo nei fondovalle, il mountain biking e le varie forme di escursionismo anche a cavallo e non ultimo l’alpinismo. A tal fine va sviluppata la viabilità ciclabile recuperando le sedi delle ferrovie dismesse. L’artigianato va recuperato come occasione di lavoro non secondario. I sentieri di montagna devono essere valorizzati con determinazione.
8) Ambiente, acque, energia. Le vallate vanno salvaguardate dalla speculazione. L’acqua è una risorsa pubblica ed una componente vitale del paesaggio e degli equilibri alpini. Va messa fine ad un utilizzo senza limiti di questa risorsa e vanno salvaguardati i deflussi minimi vitali ai corsi d’acqua. Per la produzione di energia oltre all’idroelettrico si devono prevedere altre fonti con la trasformazione dei rifiuti che si accompagni al riciclo e al riuso. Va rivalorizzato il modello cooperativo.
9) Bellezza e cultura. Non è rinviabile un piano della bellezza per i paesi. Colori, materiali e infissi coerenti devono essere alla base del lavoro di una architettura intesa come arte. L’obiettivo deve essere la vivibilità e la costruzione di una società ricca di relazioni sociali basata sulla solidarietà e non sull’egoismo e sull’individualismo. Musei, biblioteche, librerie, centri di aggregazione per giovani, rete per il teatro e la musica devono essere i presidi per battere la solitudine. La distanza antisociale è il nemico da battere prima e dopo il covid.
10) Democrazia e autogoverno. Occorre ricostruire una Comunità rivalutando il pensiero di Adriano Olivetti e la Carnia può essere un laboratorio. Bisogna ripartire dai Comuni come centri di autogoverno e di responsabilità del cittadino. Occorre una legge elettorale che garantisca la rappresentanza e la partecipazione. I Sindaci devono avere gli strumenti e le risorse per garantire servizi e attività, a cominciare da segretari comunali a tempo pieno e al servizio dell’amministrazione.
9 commenti
La Carnia può proporsi come laboratorio italiano per lavoro Smart, turismo slow, commercio alternativo on Line e attività produttive sostenibili. Serve che energia sia condivisa. Per tribunale almeno una sezione o un OCRI
Signori Corleone e Cortolezzis
Sono d’accordo con il vostro articolo e volevo aggiungere una questione fondamentale per la Carnia: la viabilità, sia dal Passo Montecroce Carnico, sia per Sappada e dal Passo Mauria. Sono viabilità che per una zona come la nostra non ti portano tanto lontano e che la regione cominci a spendere un po’ di soldi per la nostra montagna invece di pensare alle province, che con quei soldi si potrebbero aiutare le famiglie a monoreddito. Ci sarebbero altre cose ma per il momento mi fermo qua.
Simone Durighello.
Paularo.
Mi permetto di suggerire che alla luce delle nuove tecnologie esistenti si potrebbero ipotizzare dei progetti per la mobilità interna. Avvicinare i Comuni tramite un sistema di trasporti sostenibili e intelligenti, potrebbe trasformare la Carnia in un’unica piccola città.
Cari Cortolezzis (che non conosco) e Corleone (che ho apprezzato in passato),
ho letto con attenzione il vostro documento per la rinascita della Carnia. Non so siete interessati alle, davvero modeste, riflessioni di un anziano “0432”, dove anziano sta per una persona che ha le sue radici piantate nel “secolo breve” e ha difficoltà a comprendere questo inizio di terzo millennio tutto elettronica ed informatica. Mentre 0432, come dice Catine Tomasulo, sta per abitante della pianura, anche se grande appassionato di montagna (con preferenza per le Giulie). La cosa che mi spinge a scrivere è che almeno voi ci provate a ragionare sul futuro, a dare una prospettiva, a guardare oltre l’oggi, il quotidiano. Questo in uno scenario dove il confronto, e anche lo scontro, su progetti e programmi culturali e politici è inconsistente, se non del tutto assente. Poi, sull’essere del tutto d’accordo su quanto scrivete, ce ne corre. Ma vi va riconosciuto il merito di aver posto le questioni. Allora, se lo scopo è quello di costruire un fronte vasto, e perciò variegato, direi che partite malissimo parlano di strappi costituzionali, libertà violata, Parlamento sordo e grigio. Per l’amor di dio, opinioni rispettabili, ma che molti non condividono, e perciò già escludete una bella fetta di potenziali interessati. Io avrei aggiunto, subito dopo, un accenno alla Repubblica partigiana della Carnia tra gli episodi storici importanti e di resurrezione proprio non mi sentirei di parlare. Mi accontenterei di un po’ di rinascita e sviluppo. Ma tant’è. Permettetemi allora di commentare i vostri 10 punti. (Mi spiace di non potere essere breve, ma trattandosi di argomenti seri e complessi, ci vuole il suo spazio. Comunque non siete obbligati a proseguire la lettura). Punto 1. Per me è un evidente errore se si vuole intendere che in Carnia non si dovranno pagare tasse. La nostra Costituzione prevede che le imposte debbano essere progressive, perciò non ha senso, a mio avviso, un provvedimento che le abolisca per tutti. Favorendo in questo modo i redditi più elevati. Questa proposta assomiglia troppo alla flat tax, così da renderla inaccettabile. Altra cosa provvedimenti, da studiare, che non solo riducano le imposte ma, addirittura, diano incentivi e risarcimenti per i maggiori costi che si sostengono per riscaldamento, energia, manutenzioni ecc, sia a chi già abita che a chi si trasferisse in zone disagiate o a chi intraprenda attività produttive. Sottoscriverei pienamente i punti sulla fibra, dissentendo dal comportamento di alcuni Sindaci contrari al 5G, sul ripopolamento e sulla sanità. Anche se forse sarebbe necessario provare ad individuare alcuni percorsi per potere realizzare questi progetti. Sulle carceri Corleone ha grande esperienza, ma a me pare che, a parte la bruttezza dell’edificio, il carcere di Tolmezzo non abbia provocato particolari problemi, ne’ la, a suo tempo, temuta “militarizzazione” del territorio. Non so che indotto produca una tale struttura, ma mi sentirei di proporre, provocatoriamente, la realizzazione di un altro carcere, visto il sopraffollamento delle attuali strutture, in una delle tante caserme dismesse: della serie non si può rinunciare a nessuna opportunità di occupazione. Non so chi sia Gianni Cosetti, ma anche qui sottoscrivo i ragionamenti su agricoltura e allevamenti, veramente fondamentali assieme alla filiera del legno, cucina, artigianato e turismo (solo una cautela rispetto all’alpinismo, dove auspicherei una gestione “spartana” dei rifugi). OK anche su ambiente, acque ed energia. Anche qui una puntualizzazione: io solo favorevole all’installazione di pale eoliche ove ci sono le condizioni, convinto che debbano entrare a far parte del paesaggio. Va bene anche il capitolo bellezza e cultura. Aggiungerei solo una nota sull’importanza dei Parchi Naturali e sulla salvaguardia ambientale, prevedendo la non ulteriore edificabilità del territorio. Invece son dolori non tanto dove si parla di democrazia, ci mancherebbe, quanto quando si cita l’autogoverno. Qui per me ci vorrebbe un vero atto di coraggio provando a riflettere sull’articolazione delle Autonomie Locali, partendo dagli assetti istituzionali. Intanto prenderei atto del sostanziale fallimento del decentramento regionale: a fronte della creazione di una imponente casta di politici e di burocrati regionali abbiamo avuto ben pochi vantaggi. L’ultimo esempio lo hanno dato le 20 differenti Sanità Regionali presenti in Italia. Secondo me bisogna definire quali funzioni trasferire all’Europa, quali riportare in capo allo Stato e quali, secondarie, mantenere alle Regioni. Definendo con chiarezza le rispettive competenze. E i Comuni? Per me ruolo centrale nell’erogazione dei servizi e nella realizzazione delle opere pubbliche. Ma non queste centinaia di realtà. Anni fa qualcuno propose il comune unico della Carnia. Certo una provocazione, ma almeno pensare ad accorpamenti per vallata, vivaddio. Solo così si possono garantire tutta una serie di attività che, altrimenti, devono essere condivise con altri comuni. Si ma così l’identità, la partecipazione dove andrà a finire? Preoccupazione doverosa, prima che legittima. Bisogna mettere in moto la fantasia, inventarsi Comitati di Paese, di Borgo o di Frazione. Dotarli di funzioni e pareri vincolanti od obbligatori su determinati argomenti. Delegargli funzioni, soprattutto nel campo ricreativo/culturale/sportivo. Salvaguardando e potenziando in questo modo la partecipazione. Ho finito, non so se siete arrivati fino qua. Vi ringrazio comunque per avermi dato la possibilità di riflettere su questioni non da poco.
Saluti Claudio Calligaris
Premesso che tutto ciò che smuove l’asfittico dibattito in Carnia è benvenuto e riservandomi eventualmente le osservazioni sui contenuti (anticipo che mi riconosco quasi in toto con Claudio Calligaris (v. sopra), vorrei fosse chiarito l’obiettivo che i due amici si propongono : far nascere un “movimento per la salvezza” o “resurrezione” della Carnia? Dal basso, si dice, ma nel contempo “patrocinato” da una “Società della ragione” che ha sede a Firenze! Luigi Cortolezzis sa bene quanti sforzi il sottoscritto e un gruppo di “anziani” volenterosi (tra cui lui stesso) attraverso l’Associazione “Pro Carnia 2020” abbiamo profuso per dare un contributo di idee e proposte alle istituzioni locali, con modesti risultati, anche sul piano del coinvolgimento dei cittadini. Ricordo che negli anni 60 (io non ero ancora in Carnia, ma l’ho ritrovato nella vecchia sede di PCI) fu lanciata dall’allora consigliere regionale De Caneva una sottoscrizione per la “Carta della montagna” che raccolse centinaia di firme e diede luogo a manifestazioni popolari a Tolmezzo e altrove. Erano altri tempi! Oggi ci sono i social e chissà che la strada intrapresa non sia quella buona. Formulo i miei migliori auguri agli amici Corleone-Cortolezzis.
Franco Corleone e Luigi Cortolezzis propongono una iniziativa che intende dare nuovo slancio alla nostra terra (o impedirne la dipartita). Personalmente ho aderito alla sollecitazione e spero sinceramente che, almeno di fronte a questo nuovo rischio di tirare su gli scarpetti, i carnici (e non sono gli unici) riescano a capire che ci si può salvare solo con la partecipazione attiva e con la collaborazione. Lo ammetto: sono abbastanza pessimista rispetto all’idea che gli amministratori locali (intendendo i diversi attori del pubblico e del privato che abbiano in qualche modo tentato di avviare ultimamente percorsi di Prossimità e di cooperazione di Comunità in questa parte di Mondo) possano aver finalmente imparato una qualche lezione e depongano le solite armi con le quali l’uno disfa senza scrupoli e/o moltiplica fino allo sfinimento le fatiche dell’altro – a scapito di (quasi) tutti – ma essendo uno che sbaglia spesso, mi auguro di vederci male anche questa volta. Al decalogo potranno senz’altro aggiungersi nuove voci, sapendo che molti lavorano – spesso inascoltati e/o snobbati – da molto tempo e in molte direzioni. Con fatica, insieme ad altri ho cercato di costruire percorsi che anche attraverso la realizzazione di Mappe di Comunità, potessero fare finalmente luce su quanto esiste e si muove e ho sempre riscontrato che la mancanza di luoghi fisici d’incontro – intesi come spazi informali, sempre aperti e culturalmente vivi dove possano nascere e svilupparsi le idee – abbia la magica capacità di castrare ogni buona intenzione. E spesso la mancanza di questi luoghi fisici (che devono essere necessariamente popolati perché altrimenti rimangono le scatole vuote, peraltro numerose, che sono) è causata da: a) mancanza di coraggio e buona volontà; b) sfiducia avvilente e quasi totale nei confronti dei giovani (io, ad esempio, sono ormai diventato vecchio e trovo da sempre qualcuno più vecchio di me che mi ostacola il cammino trattandomi come un adolescente che non ha ancora imparato a vivere); c) dallo spirito di conservazione (nel senso di paura del nuovo e/o del giovane, del diverso in tutte le sue declinazioni, del danno inevitabile, imminente e irreparabile a beni pubblici che di fatto son proprietà privata di qualsivoglia ente o custode); d) eccetera.
Insomma, aspettando il decollo della SNAI “Futuro Alta Carnia” (nel frattempo è morta la Coopca, siamo stati attraversati da Vaia e invasi/invasati dal Corona), proviamo ancora a credere di poterci risollevare.
Sottoscrivo tutto. A disposizione per ragionamenti di prospettiva su turismo lento.
A presto!
Papà originario della Carnia, Forni di Sopra, anno 1909: un po’ di cuore mi batte sempre lì. Concordo con le considerazioni, perché il territorio con i suoi abitanti e la sua storia vivano e siano patrimonio comune.